Era strapieno l’Auditorium di Casatenovo: quasi settecento persone hanno risposto all’appello di “PROGETTO LEGALITA’-Incontri su mafie e legalità in Brianza” e ce n’erano oltre 200 in collegamento streaming da Villa Greppi.
L’occasione era davvero importante: Pietro Grasso è stato giudice a latere nel maxiprocesso a Cosa Nostra nel 1984.
Un incarico, dice, che ha cambiato la sua vita e quella della sua famiglia.
Una personalità di spicco nel panorama italiano: dal 2006 ricopre il ruolo di Procuratore Nazionale Antimafia, subentrando a Pierluigi Vigna.
Pietro Grasso non ha certamente deluso le aspettative: la serata è stata intensa, partecipata e seguitissima.
Questo è il commento dell’Assessore Marta Comi che, per il Comune di Casatenovo, ha fatto gli onori di casa.
La serata con Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, è stata un evento eccezionale per Casatenovo, anche per l’importanza del ruolo che il procuratore Grasso riveste in questo periodo in cui sembra acuirsi ed essere maggiormente percepito il problema della criminalità e delle infiltrazioni mafiose.
La serata ha riscontrato una partecipazione di quasi 900 persone, tra il pubblico in auditorium e il pubblico che ha seguito la conferenza in streaming presso l’aula magna di Villa Greppi.
Un successo che dà ancora più forza al percorso che come Amministrazione Comunale insieme ai Comuni del territorio e al Consorzio Brianteo Villa Greppi stiamo portando avanti sul tema della legalità.
Un percorso culturale che attraverso conferenze, spettacoli, cineforum, mostre, presentazione di libri, vuole dare informazione e far crescere tra i cittadini la consapevolezza del fenomeno mafioso, farlo conoscere perché l’arma migliore per contrastarlo è quella dell’attenzione di tutti, della conoscenza.
La presenza di Pietro Grasso, che ha ripercorso le tappe della sua vita, dal maxiprocesso, eredità dei magistrati Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Antonino Caponnetto del pool antimafia di Palermo, fino alla carica di procuratore nazionale antimafia, ha saputo trasmettere al pubblico l’intensità e la difficoltà di un’esistenza dedicata alla lotta alla criminalità organizzata.
La testimonianza di Pietro Grasso è risultata un invito e un auspicio a che tutti ci si impegni a favore di un’Italia onesta e libera dall’oppressione dell’illegalità, in qualsiasi forma essa si espliciti, per non lasciare che solo alcuni sopportino per tutti il peso di questo compito.
Marta Comi
Questo, invece, il commento di Andrea Pirovano, che ha seguito l’evento tra il folto pubblico.
La serata di giovedì 11 ottobre è una di quelle che non si possono dimenticare.
La sala dell’Auditorium stipata in ogni ordine di posti, al punto che gli organizzatori hanno dovuto dirottare oltre duecento persone verso l’Aula magna di villa Greppi, dove hanno potuto assistere e partecipare all’evento in “streaming”.
L’incontro, su invito dell’assessore olgiatese Robeto Romagnano, è stato aperto da Marta Comi, assessore alla cultura del comune di Casatenovo, che tra l’altro, nel ringraziare tutti i volontari che hanno consentito l’effettuazione dell’iniziativa, ha messo in risalto come sia proprio il “volontariato diffuso” il miglior antidoto alla cultura mafiosa, il sapersi impegnare per il bene comune gratuitamente e non per interessi personali.
Dopo di lei il giudice Piero Calabrò ha introdotto l’ospite della serata, il dottor Pietro Grasso, che ha ripercorso la sua carriera di procuratore antimafia partendo dall’incarico come giudice a latere nel primo maxiprocesso a “Cosa nostra”: era il 1985. Il monologo è poi proseguito citando i ricordi della propria giovinezza, in particolare gli episodi che ne avrebbero successivamente condizionato le scelte di vita: Serafina Battaglia, la prima donna di mafia che nel 1962 aveva osato spezzare il muro dell’omertà, e l’uccisione in ospedale di un pastorello di tredici anni, testimone oculare del sequestro del sindacalista Placido Rizzotto.
Gli aneddoti si sono quindi intrecciati con una analisi del fenomeno mafia, pericoloso e pervasivo in quanto non si è mai limitato all’aspetto criminale, ma ha sempre ricercato un consenso popolare con interventi di “welfare”, sostituendosi in molteplici caso allo stato. I rapporti con gli amici e colleghi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, gli intrecci della criminalità col potere politico, l’esigenza di intervenire sui patrimoni e di adeguare le capacità repressive ad una mafia che (dopo la “sconfitta di Cosa nostra”) non ha smesso di esistere in Sicilia ed ha saputo esportare la propria capacità di penetrazione anche nelle istituzioni e nel continente, come dimostrano i più recenti fatti di cronaca a noi più vicini.
Questi sono stati i punti approfonditi nel suo intervento, interrotto spesso dagli applausi di un pubblico attentissimo e silenzioso.
Molti i giovani presenti e molte le domande pervenute dalle due platee, alle quali Pietro Grasso ha risposto con precisione e senza giri di parole.
Mi preme in particolare citare la risposta data ad una signora, la quale aveva chiesto se le banche legate alla Chiesa (Banco Ambrosiano e IOR), con l’opera effettuata in più occasioni di ripulitura e riciclaggio dei proventi mafiosi, erano state di freno al lavoro investigativo.
Bene!
Pietro Grasso, ringraziando per la domanda, ha fornito una analisi storicamente dettagliata del comportamento della Chiesa siciliana: da un atteggiamento di connivenza e di sottovalutazione del fenomeno (…non è la mafia il problema, sono i comunisti perchè senza Dio….) all’epoca del cardinale Ruffini, per poi passare ad un impegno contro la mafia durante l’episcopato del cardinale Salvatore Pappalardo, del quale si è ricordata la famosa omelia durante i funerali del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (….mentre a Roma si discute Sagunto viene espugnata…..), atto di accusa contro lo Stato.
Per giungere al memorabile anatema contro i mafiosi di Giovanni Paolo II ad Agrigento del 9 maggio 1993, profondamente turbato dopo un incontro coi genitori del giudice Rosario Angelo Livatino: “…….convertitevi! Una volta, un giorno verrà il giudizio di Dio !”
Per concludere, infine, con l’esperienza dei “preti coraggio” e con l’uccisione, il 15 settembre 1993, di padre Pino Puglisi, che col “Centro Padre Nostro” al Brancaccio cercava di togliere i ragazzi e i bambini dalla strada e dalla influenza mafiosa.
E’ forse anche per questa evoluzione che, rispondendo ad una delle ultime domande, Pietro Grasso affermava riguardo al suo impegno attraverso mille difficoltà (e forse alcuni momenti di sconforto): “……ne è valsa la pena”!
Andrea Pirovano