La maggioranza dei testi contenuti nel sito sono elaborati e scritti in dialetto per poi essere tradotti in italiano per supportare la comprensione del testo in dialetto, ma anche per consentire, a chi il dialetto proprio non lo sa o lo conosce poco, di assaporarli comunque.
La versione dialettale è ovviamente più gustosa e più accurata, più pregna di significati e di sapidità.
Le rime e le assonanze, usate in abbondanza, facilitano la lettura e sono un gioco di sonorità.
Le rime in sé e per sé non sono affatto poesia.
Come vedrete, nella maggior parte dei casi ho utilizzato il dialetto più antico, quello di cinquant’anni fa e oltre, tramandato oralmente dai nostri anziani, perché quello è il contesto nel quale si svolgono la maggior parte delle storie.
Può sembrare un linguaggio un po’ rozzo e un po’ “nostrano”, a fronte del nostro dialetto attuale fin troppo addolcito, milanesizzato e italianizzato.
Ogni epoca ha la sua storia e la sua rispettabile parlata che dovrebbe essere opportunamente rispettata e salvaguardata.
Teniamo conto anche del fatto che le inflessioni dialettali ed anche alcuni termini, alcune parole, alcuni modi dire, cambiano di paese in paese, anche a brevissima distanza.
Ciò è dovuto alla tipicità dei piccoli mondi antichi, dei piccoli mondi racchiusi nella quotidianità delle singole cascine.
Ho faticato tanto in verità a scrivere alcuni di questi racconti, non solo o soprattutto perché è particolarmente complicato scrivere in dialetto, ma in particolare perché il dialetto non mi è più così usuale e quindi oggi è più difficile “pensare ed esprimersi in dialetto”.
Non mi è stato facile infatti far riaffiorare quel moto dialettale assopito e racchiuso in molti di noi, la cui lingua madre è stata quella dei nostri nonni, dei nostri genitori, della nostra contrada.
Per la conferma delle correttezza nell’uso delle parole, dei termini, dei sostantivi, dei modi di dire e soprattutto della grafía, mi sono avvalso della 2^ edizione del vocabolario italiano-lecchese e lecchese-italiano edito da Cattaneo Editore nel 2001; del dizionario milanese-italiano di Cletto Arrighi edito dalla Hoepli nel 1988 nella versione del 1896; del dizionarietto milanese edito da Vallardi nel 1997; del più importante e famoso dizionario di Francesco Cherubini (1789-1851), milanese che ha vissuto gli ultimi anni della sua vita alla cascina Oliva di Lomaniga, sepolto nel cimitero di Missaglia.
La prima versione del suo dizionario è del 1814 e successivamente e a più riprese è stato ampliato e completato in 5 volumi, con “giunte e correzioni”, fino all’edizione del 1843.
L’ultima e definitiva versione, a cura della Società Tipografica dei Classici Italiani, affronta maggiormente anche “l’idioma brianzuolo, suddialetto del milanese”.
Fortunatamente il dizionario Cherubini, un vero gioiello, che ho tanto desiderato ma che in commercio non ho mai trovato, è consultabile anche via internet.
Non escludo comunque, che in alcuni miei racconti, pur avendo utilizzato gli opportuni supporti a mia disposizione, possano esserci errori ed omissioni o difetti di scrittura, a cui farò fronte con una più accorta ed accurata rilettura.
A volte, non mi soffermo sui segni grafici, le vocali, le consonanti, le desinenze, le coniugazioni del nostro dialetto… ma è opportuno, necessario e interessante conoscere le regole, la storia e le radici della nostra lingua locale.
In ogni caso, al fine di facilitarvi nella lettura e nella comprensione del testo, ho spesso utilizzato molto l’accentazione che non trovate però sulle doppie vocali perché è automatico che l’accento cada proprio lì.