Gli amici dell’AFCB hanno una sezione del loro sotto sito dedicata alle immagini dei vari falò che vengono accesi ogni anno nel territorio casatese.
Sono diventati dei veri e propri appuntamenti fissi quelli dei falò casatesi in occasione della ricorrenza di Sant’Antonio Abate (o Sant’Antoni del purcell, come viene più comunemente ricordato) che cade il 17 gennaio ed è venerato, secondo tradizione, come patrono degli animali domestici ma non solo.
Ecco quanto riportato dalla pagina online de “Il Cittadino di Monza e Brianza” che prende spunto dal libro Sagre in Brianza di Simone MIlesi.
La Brianza ha una forte devozione per i Santi, essi venivano ritenuti, insieme al culto dei propri defunti, quotidiani intercessori nella vita della cascina.
Per tutti i problemi spirituali e temporali, veniva invocata la loro intercessione, spesso anche con riti e forme di devozione che sfociavano in credenze popolari e superstiziose.
Un rito che si propone, come festa di purificazione, ottimismo e rinascita, è il falò di Sant’ Antonio Abate. Bruciare il falò è simbolo di vittoria della luce sulle tenebre e di rinnovamento, infatti spesso insieme alla catasta di legna vengono bruciati vecchi oggetti, sicuri che il Santo provvederà per la sostituzione degli oggetti bruciati con dei nuovi.Anche oggi la devozione per Sant’Antoni del Purscell è radicata e molto sentita.
Per l’occasione della sua festività i paesi si animano e il falò viene bruciato anche nelle condizioni climatiche più avverse, con neve, acqua e gelo.
Nell’iconografia e nei dipinti sulle facciate delle cascine il santo è dipinto con il maialino, per questo motivo chiamato Sant’Antoni del Purscell, un tempo le malattie della pelle, venivano curate dai frati con grasso di maiale.
Con la “songia” (grasso di maiale) venivano in genere sanate ferite e dolori reumatici e “al dì de la festa”, con lo stesso, si lucidavano le scarpe.Secondo la tradizione le braci dei falò venivano raccolte e portate nel focolare domestico o utilizzati per la “molega” per scaldare il letto e ottenere la benedizione del patrono.
Le ragazze da marito chiedevano la grazia de fa “el murùs”, anche perché un tempo l’inverno era la stagione dei matrimoni.
Nel giorno di Sant’ Antonio e di San Sebastiano venivano benedetti gli animali da stalla con precedenza alle vacche da latte “vacca de la bela vena”, gli animali che scalciavano e mordevano non venivano benedetti, per quelli che non potevano essere trasportati sul sagrato della chiesa, veniva benedetto il sale da sciogliere nell’acqua, e poi dato da bere alle bestie o venivano aperte le porte della stalla, così che la benedizione potesse entrare.
Anche in alcune cascine casatesi vi sono rappresentazioni di S. Antonio Abate.
Di particolare interesse due dipinti a Cascina Verdura e Cascina Porrinetti.
Come si può notare in entrambe le figure in una mano del Santo raffigurato compare il fuoco proprio a rappresentare questo stretto legame.